Un ringraziamento speciale a Francamaria Gabriele, Presidente dell’A.Ga.Bi. (Associazione italiana amatori del gatto sacro di Birmania) che mi ha fornito i testi che seguono.

Leggenda del gatto Sacro di Birmania

 

In un tempio della lontana Birmania si adorava una dea tutta d’oro con gli occhi color zaffiro. Qui i monaci vivevano in pace e serenità con i loro cento gatti bianchi.

Un giorno il tempio fu invaso da predoni che uccisero il Gran Sacerdote mentre, con a fianco il suo gatto bianco, stava in meditazione davanti alla statua della dea.

Non appena l’animale vide il suo padrone steso al suolo, salì sopra il corpo inanimato fissando la dea negli occhi come a chiedere vendetta. Avvenne allora una straordinaria trasformazione: il mantello del gatto prese il color oro della dea, le gambe, il muso, le orecchie e la coda assunsero il colore scuro della terra, gli occhi divennero blu zaffiro come gli occhi della dea; solo le zampe, che poggiavano sul cadavere del monaco, rimasero candide in segno di purezza. Nello stesso tempo anche gli altri gatti del tempio subirono la stessa trasformazione e la trasmisero ai loro discendenti.

La storia della comparsa del gatto Sacro di Birmania in Europa non è meno avventurosa della sua leggenda: i primi due esemplari giunsero in Francia nel 1918, ma soltanto la femmina sopravvisse mettendo al mondo una cucciolata da cui ebbe origine l’intera razza. Dopo l’ultima guerra mondiale, la razza subì una tale contrazione che erano sopravvissute in tutto il mondo due sole coppie e da queste si partì per ottenere il riconoscimento ufficiale nel 1966.

 

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La seguente storia è tratta dal libro di Marcel Reney "Les amis des chats".

Da quando vidi la bellissima fotografia di Dieu d'Arakan fatta da un giornalista ad una mostra parigina rimasi soggiogato da una specie di magico incantesimo che ancora mi avvince. I gatti Sacri di Birmania più dei Siamesi e più dei Persiani esercitano un singolare fascino al quale nessuno sfugge. I loro occhi carezzevoli e dolci, la strana bellezza del colore del loro manto ma soprattutto la loro personalità così accattivante rende questi amici differenti da tutti gli altri gatti. Per ben quindici anni mi sono dedicato alla scoperta ed alla chiarificazione del mistero della loro origine. Nel 1926 P.Youmand scrisse su "Il gatto": ".....originario del lontano est come il Siamese il gatto di Birmania, allevato nei templi, era rigidamente sorvegliato e la sua esportazione proibita. Eppure, appena pochi anni fa, Mister Vanderbilt ha potuto acquistarne un paio dai quali è discesa la generazione attualmente esistente". Dopo questa data vari articoli su riviste e su libri vennero a completare quell'annuncio troppo breve. Lo stesso Youmand dedicò quasi sei pagine al Sacro di Birmania nell'edizione del 1930 del suo secondo libro "Le razze dei gatti". Il dottor Ferdinand Mery pubblicò su "Minerva" la leggenda di Sinh, l'antenato dei gatti del tempio di Lao-Tsun, e soprattutto M. Baudoin-Crevoisier pubblicò parecchi articoli sulla rivista felina belga (1931), su "Giardini e cortili" (1932), sulla rivista felina francese (1933) e su "Caccia, pesca, allevamento" (1935).

Io ho letto tutte queste documentazioni senza riuscire a gettare più luce sulle origini di questa splendida razza che ho cercato di allevare dopo Baudoin-Crevoisier. Posso ora fare una sintesi di ciò che conosco circa l'argomento, ma avvertendo i miei amabili lettori che la loro sete per lo sconosciuto verrà soltanto incrementata.

Sicuramente miliardario americano Vanderbilt durante una crociera in Oriente riuscì ad acquistare a caro prezzo una coppia di Birmani senza dubbio rubati al tempio di Lao-Tsun da un inserviente infedele. Questa coppia fu data ad una certa Signora Thadde Hadisch, ma il maschio morì accidentalmente sulla nave e la femmina, Sita, fortunatamente gravida, diede alla luce a Nizza ad una cucciolata nella quale vi era una femmina perfetta Poupée.

Youmand affermò nel 1933 in uno dei suoi articoli che Poupée non potendo essere coperta da un maschio della sua razza fu coperta da un gatto di razza "Lince del Laos" di proprietà di un medico di Nizza. Questo tipo di gatto dagli occhi color blu scuro, somiglia al Siamese. Il connubio produsse degli incroci Birmani e Laotiani e attraverso successivi incroci nacque un esemplare perfetto: Manou de Madalpour le cui marche somigliavano a quelle della madre Poupée. Successivamente il più informato Baudoin scrisse (1933): "...questa femmina fu allora coperta da un maschio siamese battezzato per la circostanza gatto laotiano".

Frattanto nel 1933, tentando di avere maggiori informazioni su questa storia, scrissi al famoso medico di Nizza M. Prat. Egli mi rispose: "Noi abbiamo effettivamente avuto parecchi gatti siamesi, tra cui Youyou, ma non sappiamo niente delle loro origini e non conosciamo la Signora Hadisch di Vienna".

Chiesi inoltre ad un grande cacciatore che veniva dal lontano Est asiatico e che viveva nel Laos, Guy Cheminaud, i cui libri erano molto conosciuti dagli amatori di storie di caccia di animali selvatici, cosa pensava del gatto Lince del Laos. La risposta fu categorica: "Non esistono gatti laotiani come specie distinta dai gatti siamesi".

L'intera storia costruita da Youmand e Baudoin crollò dal momento che il testimone più importante, il proprietario del mitico gatto laotiano, non sapeva nulla circa il gatto del Laos nè della Signora Hadisch. Era comparsa inoltre in questa storia una certa Signora Leotardi, un'avventuriera in grande stile, che aveva posseduto i birmani dopo la Hadisch. La Signora Marcel Adams, che circondò di tenero affetto Manou de Madalpour, mi disse a Parigi che la Leotardi, prima di scomparire misteriosamente, le aveva raccontato la stessa storia sui birmani scritta a Youmand e Baudoin.

Nel 1933 pubblicai un articolo su "Caccia, pesca e allevamento" allo scopo di ottenere altre informazioni. Baudoin fece riferimento ad esso nel suo libro del 1935 "Sua altezza il gatto". Egli dichiarò allora: "A parte gli scritti di Russel Gordon e di Auguste Pavie, non vi sono documenti sull'esatta origine di questi gatti. Dopo sei anni di ricerche personali e dieci anni di allevamento in Francia, i gatti Sacri di Birmania rimangono ancora così misteriosi circa la loro origine come lo furono allora. Nessuno ha prodotto novità al riguardo che io abbia potuto vedere e di conseguenza studiare".

Ciò che più incuriosisce circa questa faccenda sono le testimonianze indicate da Youmand e Baudoin per dare una parvenza di verità alla storia del Birmano, quelle del maggiore inglese Sir Russel Gordon. Youmand scrive: "Il maggiore Russel Gordon, che faceva parte delle truppe inglesi incaricate della protezione dei Kittah, ebbe nel 1898 l'occasione di osservare quei sacri animali". Dopo un commento sul tempio sotterraneo di Lao-Tsun, costruito agli inizi del XVIII secolo da monaci Kmer, i Kittah, la cui religione è segreta sia per la gente del posto sia per gli stranieri, egli cita ancora Russel Gordon: "...Il tempio di Lao-Tasun è incontestabilmente una delle meraviglie più singolari dell'Indocina, pochissimi mortali hanno potuto contemplarlo. Situato ad est del lago Incao fra Magoung e Sembo, in una regione quasi desertica, è circondato da una barriera di mura insormontabili. Colà vivevano ancora nel 1898 gli ultimi Kittah e mi fu permesso osservare alcuni di loro con i loro sacri animali. Dopo la ribellione e al tempo dell'occupazione inglese di Bhamo, una base alquanto isolata in ragione della sua distanza da Mandalay, abbiamo dovuto proteggere i Kittah dall'invasione dei Brahamini e li abbiamo salvati dal saccheggio e dal sicuro massacro. Il loro Lama, Yotag Rooh-Ougji, mi ricevette e mi diede una placchetta che ritraeva il gatto sacro ai piedi di una strana divinità i cui occhi erano fatti di due zaffii allungati (pezzo n° 4108 della mia collezione a Mildenhall) e più tardi, come segno di favore speciale, mi lasciò vedere i gatti sacri in numero di cento e ne spiegò l'origine".

Tentai di ottenere una fotografia del pezzo menzionato da Sir Russel Gordon e l'esatta indicazione della rivista sulla quale questo testo era pubblicato, ma invano. Cercai pure di ottenere nuovi dettagli circa l'esistenza della Signora Hadisch e della Signora Leotardi ma anche qui inutilmente.

Cosicchè l'origine del gatto Sacro di Birmania rimane ancora avvolta in un impenetrabile velo, come se volesse punire quelli che hanno profanato, con il loro sacrilego furto, il tempio di Lao-Tsun.

Per il resto Baudoin, dopo aver tentato l'allevamento dei Birmani affermando che era facile, vi rinunciò nel 1935, anno in cui vendette alla Principessa di Hohenloe per circa trentamila franchi francesi dell'epoca, uno splendido maschio che si guadagnò l'ammirazione del pubblico francese ed estero, Dieu d'Arakan, oltre a circa cinque o sei maschi e femmine che ancora possedeva. In Svizzera ed in Belgio alcuni amatori cominciarono ad interessarsi di questo gatto senza peraltro riuscire a continuare l'allevamento della razza. In Francia due o tre allevatori possedevano ancora all'inizio del 1940 alcuni ibridi di Birmano con guanti scadenti.

I gatti della Principessa Ratibor ebbero alcune disavventure; affidati al Duca d'Aosta non se ne seppe più nulla per un certo tempo. Fu una sua cugina, la Contessa Giriodi Panissera, che riuscì finalmente a venirne in possesso. Nell'autunno del 1936 ebbi l'onore di essere ospite nel castello di Francavilla Bisio (ndr. in Piemonte, nei pressi di Novi Ligure), e di vedere da vicino i risultati ottenuti grazie alla capacità e alla pazienza della gentile proprietaria. Oltre a Dieu d'Arakan e a Reine de Rangoon, vi erano altri 17 gatti e fra i 14 cuccioli ve n'erano alcuni molto promettenti.

Cosa avvenne di questa bella collezione di gatti che io definirei i più belli del mondo? Dal 1940 in poi non ebbi nessun'altra notizia da Francavilla e mi rimane come sola consolazione il ricordo del grande cortile del castello nel quale i miei cari amici guantati saltellavano sotto lo sguardo compiaciuto della proprietaria.

A distanza di quarant'anni da questo racconto mi sono recata al castello di Francavilla Bisio ed ho appurato che davvero è esistita la Contessa citata, inoltre una anziana governante dei Giriodi Panissera ha dichiarato di ricordare perfettamente il solo Dieu d'Arakan, che ha anche descritto con verosimiglianza, ma nè costei nè il figlio della Contessa Giriodi hanno saputo dirmi cosa ne è stato di quei Birmani e della loro florida progenie.

Il dottor Ermando Bruno, fondatore della F.F.I., negli anni '70 mi consentì di esaminare i cataloghi delle esposizioni feline che si erano tenute in Italia dopo gli anni '40, ma in nessun catalogo risultano iscritti Birmani appartenenti ad italiani.

I Gatti Sacri sono ricomparsi in Italia, e di nuovo in Piemonte, solo nel 1979, anno in cui riuscii ad ottenere dagli allevatori francesi la prima coppia: Porthos de Tchao Pai e Paquita. (Francamaria Gabriele)